lunedì 25 maggio 2009

L’effetto Nähtamatu

lunedì 25 maggio 2009

Aspettavo appoggiato ad un lampione di fronte all’uscita del metrò. Per terra c’era ogni sorta di spazzatura. Un elastico rosa con una stellina di plastica giaceva, sporco, su un foglio scritto a penna. Ai miei piedi, attaccata al lampione, una catena blu abbandonata. Le cicche di sigaretta riempivano il marciapiede come cartucce usate di un mitragliatore. Biglietti usati, un tappo, un calzino di neonato, una gomma da masticare, dei fazzoletti e uno sputo. Io me ne stavo appoggiato al lampione e aspettavo.

Ad ogni tremolio del terreno, seguivano dopo quaranta secondi, sciami di pendolari che riemergevano alla luce come formiche da un formicaio. Io, appoggiato, ne venivo avvolto, ogni volta, finché, disperso anche l’ultimo e attardato viaggiatore, rimanevo di nuovo solo con il mio lampione. Aspettavo da un po’, ma non mi dispiaceva, ad ogni nuovo arrivo ero avvolto da cento vite e poi rimanevo solo ed aspettavo ancora. Io, il lampione e lo sputo.

Una ragazza sudamericana, sale lentamente ondeggiando i fianchi abbondanti. Un signore africano sale gli scalini a tre a tre. Un’anziana signora porta in mano una biciclettina rosa con le rotelle. Due ragazzi con dei berretti salgono affiancati e non si parlano. Due signori, giacca e valigetta, escono di fretta aggiustandosi la cravatta. Una bambina dà una mano alla nonna che con l’altra mano regge la sua bicicletta. Segue una ragazza dai capelli chiari, vestita di bianco, con al braccio dei sacchetti. Un ragazzotto alto e magro con in mano una chiavetta, mi fissa, aspetta un minuto, poi guarda l’orologio, mi guarda ancora e poi seccato va via. Per ultimo arriva, per niente frettoloso, un ragazzo riccioluto che sale chino. Legge un libro dalla copertina di cartone e non riesce a smettere, è un libro che cammina. Finiti i gradini continua a camminare senza mai guardare ciò che gli sta attorno. Dopo venti passi o forse anche più, alza su gli occhi solo per un istante. Si ferma, si volta, torna indietro, svolta l’angolo e anche una pagina.

Trema il marciapiede e comincio a contare, trentotto, trentanove e quaranta. La prima è una ragazza con un coniglio al guinzaglio. Due ragazzini con lo zainetto. Un gruppo chiassoso e festeggiante sbuca, sbandierando il leone giallo dello Sri Lanka. Una vecchia col bastone compare sfoggiando occhiali da sole da fotomodella. Eccolo arriva, abbandono il lampione e gli vado incontro. Lo saluto dicendo, l’ho riconosciuta dalla foto sul volantino! E' un signore bassoccio, calvo al centro e con dei capelli lunghi e ondulati intorno. Ha dei baffoni alla ungherese e si presenta come signor tal dei tali. Ci incamminiamo verso il bar e lui accaldato si allenta la camicia. Seduti al tavolo ordiniamo tè freddo e intanto che aspettiamo, io mi metto comodo e lui inizia il suo show.

La mia ditta le produce da anni e mai come adesso hanno avuto più successo. I nostri clienti non si sono mai lamentanti, anzi! Chi compra una volta compra per sempre! L’idea è perfetta, brevettata. Il risultato è garantito, può starne certo. Io gli chiedo se ne ha mai venduti nel mio quartiere, lui mi dice di sì, a centinaia, ma ultimamente è stato in giro per promuoverlo nelle altre città, così adesso qui nel quartiere non vende da un po’, ma si rifarà di certo. È una bomboletta, vede? Dice. Anzi in realtà sono due. Ogni coppia di bombolette è univocamente legata, sicché abbinandone una di un’altra coppia nulla può farsi, il miracolo non avviene. Questa è una garanzia essenziale affinché il sistema funzioni, difatti funziona magnificamente. Non le vendiamo in larga scala per mantenere una sorta di anonimato. Non raccontiamo nei volantini come funziona, altrimenti la troppa informazione attirerebbe gli imbroglioni che, immediatamente, inizierebbero a trovare un sistema per aggirare l’effetto. Così vendo porta a porta, e chi compra non va in giro raccontandolo a chiunque, ne va del suo interesse. Ci servono il tè freddo e io ho qualche dubbio. Lui sottolinea, non sostituisce un antifurto! È solo un qualcosa in più. D’altra parte potrebbe già bastare, ma è sempre possibile per via teorica trovare una contro formula che annulli la prima. Sorseggio il tè e gioco col ghiaccio, mentre il venditore recita la sua parte. Ogni bomboletta è realizzata nei nostri laboratori indipendentemente dalle altre, così che il composto sia univoco, l’altra bomboletta, noi la chiamiamo antidoto, è realizzata al contempo con la prima e, come Eva con la costola di Adamo, possiede quell’ingrediente speciale che permette la reazione con la sola compagna. È così si ha l’effetto Nähtamatu, spruzzando leggermente il mezzo con la prima bomboletta, esso immediatamente svanisce.

Svanisce, sì, ha capito bene, diventa invisibile e immateriale, pur rimanendo dove lo si ha lasciato. Passandoci una mano attraverso non si percepirà la sua presenza, né osservando attentamente si potrebbe notare qualcosa. Tuttavia se, ad esempio, per ipotesi, la si attaccasse ad un gancio e la si issasse da terra, facendola svanire con la bomboletta il gancio non reggerebbe, improvvisamente, più alcun peso. Basta una spruzzatina del rispettivo antidoto che la si troverebbe di nuovo fluttuante, agganciata saldamente all’adesso di nuovo appesantito ipotetico gancio. È impossibile ricolorare durante l’effetto Nähtamatu né esiste alcuno strumento in grado di individuare l’oggetto. Solo chi ha invisibilizzato sa dove andare a spruzzare l’antidoto, è brevettaro, è testato, non si sa di nessuno che abbia forzato il sistema. Le dicevo, in conclusione, che però non è sostitutivo di un antifurto, in teoria è possibile aggirare l’effetto. Allora gli chiedo, un po’ spazientito, ma scusi allora? A che cosa servirebbe? Ma come non capisce? Risponde un po’ offeso, si immagini la scena, lei arriva con la sua bella bicicletta e la lega ad un palo. Passa un ladro, la vede, gli piace, gli basta un seghetto e la catena è saltata. I nostri concorrenti puntano sulle catene, rafforzandole, rendendole antitaglio e antifiamma. Noi invece facciamo un passo indietro, il ladro non vede la bici, che taglia a fare la catena? La catena, però, è necessaria, sia per star certi che in ogni caso la bici sia legata, sia per sapere dove la si è lasciata. Io lo guardo interdetto, forse ho capito, ma lui chiarisce sorridente, non si era mai chiesto prima d’ora perché in molti pali e lampioni ci siano abbandonate così tante catene colorate?

6 commenti:

  1. Mi chiedo, allora, che sorreggeranno i lucchetti che riempiono il ponticello vicino a casa mia.Magari delle biciclette piccine piccine dei tanti Pinpin del mondo che non conosciamo.

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  2. uhm, è vero! Potrebbe essere... ma allora anche tra i Pinpin ci sono i ladri? E inoltre... dunque il mondo è pieno di Pinpin!?!

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  3. sono anziana. Cosa sono i Pin Pin??;))

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  4. Secondo l'Enciclopedia Britannica i Pinpin sono un popolo di uomini molto piccoli. Se ne riconosce la scoperta a Nua che, passeggiando nei pressi di casa, ha individuato un parcheggio di minibici di Pinpin! Il nome della popolazione deriva forse dal suo più famoso rappresentate, He Ping Ping, qui ritratto in varie foto in giro per il mondo.

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  5. ah!!! ora ho capito...forte però..nel fantastico mondo di Nua anche le minibici dei pinpin...:)
    ...voglio dare un occhiata con più attenzione intorno a me ..magari trovo qualche minibici anche io...:))

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ilcyrano