martedì 19 maggio 2009

Il vestitino di filo

martedì 19 maggio 2009

Camminavo a passo svelto, non che avessi fretta, è che mi piace sembrare occupato. C’era un bel sole, ma era anche nuvoloso, cioè era una bella giornata con qualche nuvoletta, ecco. C’erano volantini per terra e i cartelloni della campagna elettorale mi osservano e ciarlavano, ma io andavo di fretta, così da non essere scocciato, perciò mi piace sembrare occupato anche quando non ho impegni. Ero quasi alla fine del viale, che inizia a piovere, e sì, e che pioggia! Iniziano a piovere dei meloni gialli, grossi così e belli maturi! Cominciarono a schiantarsi per strada insozzando di polpa tutto intorno, allora, visto che comunque andavo di fretta perché avevo un impegno, sbuffando visibilmente per la scocciatura, mi riparo sotto la tettoia del bar Shakespeare.

Strofino fragorosamente la scarpe sullo zerbino. Sulla panca, lì accanto, due anziani e un rabbino discutono di politica agitando i bastoni a mo di indici. Entro, vado a sedermi su uno sgabello al banco, il barista cinese non mi vede, ma perché i baristi cinesi non ti vedono mai? Aspetto prendendo una bustina di zucchero. Vicino alla vetrata tre anziane signore incappellate bevono tè e chiacchierano, sotto una sedia un cagnolino con un fiocchetto rosa, cioè una cagnolina. Il barista sta disponendo dei panini su un vassoio, io aspetto. Ad un tavolo un ragazzo con un giubbotto di pelle è accovacciato sulle sue braccia, dorme. Vicino alle signore siede un cieco con bastone e cane guida, ascolta. Saluto timidamente le spalle di un barista, sordo. Al video poker un uomo con indosso un casco da moto nero ha in mano un sacchettino pieno di spiccioli, gioca. Al centro della sala un tavolino tondo con una tovaglia candida, una bambina con un vestitino di filo siede e beve whisky.

Il barista finalmente si accorse di me e gli ordinai un caffè, mi diede le spalle e iniziò a trafficare. Le signore incappellate ridevano e parlavano contemporaneamente, la cagnolina, accucciata sotto la sedia, mostrava la lingua e muoveva la coda sinuosamente, come solo le cagnoline sanno fare. Il cane del cieco sulle zampe anteriori fissava composto la cagnolina, distoglieva lo sguardo di tanto in tanto per gettare un’occhiata al suo padrone. Il cieco stava col mento all’insù e ascoltava. Il barista aspettava che il caffè riempisse la tazzina e io aspettavo il barista. Il ragazzo con la giacca di pelle dormiva, gli anziani fuori discutevano e l’uomo col casco inseriva monete nella macchinetta. La giovinetta con il vestitino di filo vuotò il suo bicchiere di whisky e dispose sul tavolo un puntaspilli e una forbice. Finalmente fu pronto il caffè e versai mezza bustina di zucchero, il barista prese uno strofinaccio e iniziò ad asciugare dei bicchieri. Fare il barista ha i suoi pregi, ma tra i difetti che non potrei tollerare ha che è l’uomo più osservato del locale. Mescolavo il caffè e, ovviamente, osservavo il cinese che sistemava il banco e si affaccendava in mansioni da barista. Caso volle che il peggior incubo del poveretto si verificasse proprio in quel mentre, quando con ancora un bicchiere in mano il suo sguardo si pietrificò verso una pila di piatti da cui spuntava, allegro e pasco, un grosso scarafaggio marrone. La ragazza sfilò un ago dal puntaspilli e vi infilò un filo del suo vestitino, prese in mano un lembo della tovaglia e iniziò a ricamare. Il barista si voltò di scatto verso di me, ma io avevo distolto lo sguardo, tranquillizzatosi che non avevo visto si avvicinò allo scarafaggio brandendo il bicchiere. Piovvero altri tre meloni e gli anziani fuori puntarono i bastoni a cielo.

Sorseggio il caffè spiando la ragazza, ricama in tutta fretta e il suo vestitino si smaglia, rapidamente. Quanto più cautamente possibile il barista prepara il suo attacco, alzando il bicchiere sopra la testa. Le signore hanno appiccicato i nasi al vetro e scrutano il cielo, parlano, c’è una corda da un palazzo all’altro, dicono. Il cane pastore dà un ultimo sguardo al cieco e inizia quatto quatto ad allontanarsi, la cagnolina ha visto e scodinzola platealmente. La ragazza ricama e il vestitino si scuce, una manica ormai non c’è più mostrando una spalla delicata e minuta. Il cinese abbassa il bicchiere, ma lo scarafaggio sfugge scappando lungo il bancone. Io poso la mia tazzina, ormai vuota. Il video poker suona e lampeggia, l’uomo con il casco ha smesso di inserire monete. Per strada arriva un vigile e ferma il traffico. La donna ricama, forse un gambo. Il barista sbatte il bicchiere sul bancone, ma lo scarafaggio è più rapido. Il cieco origlia le signore, c’è un uomo sulla corda, dicono. La seconda manica del vestitino è un ricordo, il collo della donna è scoperto e teso. Il ragazzo dorme. Gli anziani si alzano in piedi per vedere meglio. L’uomo col casco schiaccia i bottoni con i pugni. Lo scarafaggio si ripara sotto un fornetto. Il cane guida ha raggiunto la cagnetta, si odorano. Il vestitino si sfila mostrando una schiena marmorea. Il barista attacca con una paletta. Le signore vociano, è un funambolo, no un giocoliere. I seni si scoprono lentamente e sulla tovaglia appare un petalo. Per strada accorrono dei curiosi. Il cieco si sporge per sentire meglio. L’uomo gioca, lo scarafaggio scatta, i cani si leccano timidamente. E’ un giocoliere funambolo, grida una signora, ma il ragazzo dorme nella sua giacca di pelle. Un altro petalo affianca il precedente e i seni nudi ondeggiano leggermente. Il barista afferra una padella, le donne gridano, le mani alla bocca. Cadono due meloni sulla strada, il cieco tasta l'aria cercando il bastone. Quanti ne ha? Saranno cento! I fianchi candidi sono adesso scoperti. La macchinetta trillante ormai impazza. I cani si leccano adesso goduriosi. Sono cento meloni, ti dico, che volteggiano, è un folle, è un folle, gliene cade un altro! La tovaglia è ormai un enorme giglio ricamato, il cui ultimo petalo ha scoperto anche il ventre. Il barista scaglia sul muro la padella, lo scarafaggio terrorizzato salta sui panini. La donna è ormai nuda ed è una fata, afferra le forbici e ritaglia il tutto. La folla mormora, incita, grida, alternando momento di teso silenzio. Il barista afferra un mattarello, il cieco si sporge e chiama il suo cane, la tovaglia è divenuta un elegante caffettano.

Io mi alzai affascinato e lei fece a sua volta, mi guardò e io morii. Il video poker esplose in trilli e lampeggi vomitando diecimila monete sul pavimento. Le incappellate urlavano un po’ spaventate, il cieco sporgeva pericolosamente dalla sedia. La donna si avvicinava con le forbici in mano, io ero immobile con il petto in fiamme. Il vigile intimava di stare indietro, il cinese concentrato tendeva i muscoli, l’uomo col casco in ginocchio incassava. Mi fu davanti e mi fissò, due occhi neri mi rivoltavano il ventre, afferrò la mia polo e iniziò a tagliarla. L’uomo sfilò il casco e prese a riempirlo, la giacca di pelle respirava lentamente. La donna tagliava adagio e sicura, la lasciai fare non potendo far altro, tagliata la maglia si accovacciò e riprese, tagliando via anche i pantaloni. L’uomo riempito il casco se lo rimise, una doccia di monete lo bagnò beato. I due cani si abbracciarono e con passione si amarono. Il cieco cadde urlante sul pavimento. Le donne esultarono, incredibile, ce l’ha fatta! Il barista colpì, martellando dappertutto.

Rimasi nudo, ardente e felice. La fata era svanita senza che me ne accorgessi. Due cani lì accanto ululavano di piacere, le signore e la folla applaudivano. Mi voltai verso il banco, ma il barista non guardava, correndo e urlando si schiantò su un trave. Un ragazzo dormiva e un casco gridava evviva! Indossai il caffettano e fuggii di corsa, prima di uscire uno scarafaggio mi sfrecciò davanti mescolandosi tra una folla impazzita ed esultate. Aveva smesso di piovere.

Visto che avevo un impegno me ne andai indaffarato, come immerso in contorti pensieri, ma in realtà pensavo semplicemente a quanto è strano quando piove col sole.

1 commento:

 
ilcyrano