domenica 18 ottobre 2009

La telefonata

domenica 18 ottobre 2009 2
Gli alberi del viale sono ancora verdi, ma a terra è pieno di foglie gialle. Le povere macchine, bofonchiose, le une verso le altre, si sporcano e invecchiano. Sono loro, le vere custodi del viale.

Io me ne vado tutto solo, senza in verità nulla da fare e m’imbroncio. Mi sembra di rivedermi, bambino, con lo stesso broncio. Avrei così tante cose da fare, così tanta gente da conoscere e conquistare e chissà quante avventure da vivere. Cammino imbronciato e ci rimugino, ma lo so già, in fondo in fondo, che così non sarà mai. Non avrò la vita che immagino di avere, le fantasiose storie che colorano il mio dormiveglia, non diventerò chi in cuor mio vorrei essere e la gente non mi piacerà mai, come da sempre non mi piace. Sarò sempre me stesso per tutta la vita. M’imbroncio.

Il comune ha fatto tagliare i rami, l’altro giorno, tutti noi abbiamo dovuto spostare le macchine e, per un po’, alcune le abbiamo accatastate ai lati, le altre come veniva, negli angoli, in doppia fila, davanti ai portoni e agli scivoli. La mia l’ho parcheggiata per metà sulle strisce pedonali e qualcuno, simpaticamente, facendo il buffone ha fatto finta di non vederla e c’ha camminato di sopra. Lei, poverina, era piena di polvere e adesso ha delle impronte sul cofano e sul tetto.

Così, imbronciato, me ne vado in giro e aspetto l’inverno. Il marciapiede si riempie di goccioline, tra poco pioverà, ma la gente di qui non ci fa mai caso, io, come d’abitudine, sbuffo e impreco come se fosse la cosa peggiore che possa accadere. Non è che odi la pioggia, è che mi da fastidio una giornata senza sole.

La mia macchina ha un grosso graffio sulla fiancata. Non l’ho fatto io, forse, ce l’ha e basta. E’ piccola, ma è rossa, cioè quasi, è bordeaux. Mi ci appoggio e la fisso, per un po’. Quante avventure e quanta vita c’ho vissuto dentro. Viaggi, code, litigi, corse e divertimenti. Se potessi me la porterei su fino in casa anziché lasciarla qui tutta sola. Però. E va beh!

Con un colpo di reni mi rimetto in marcia, ma un tonfo sordo mi prende alle spalle, mi volto di scatto e rimango allibito, è come mi era parso, cavoli, mi si è staccato il culo. La sensazione è stata così atipica che per i primi istanti non ho potuto crederci, è stato il tonfo che mi ha convito. Mentre mi rimettevo eretto ho sentito che il culetto rimaneva ben saldo lì dov’era piazzato, difatti dalle gambe e dalla schiena s’è proprio staccato. Lo raccolgo immediatamente, ma cavoli quanto pesa un culo, lo usiamo come cuscino ma non è certo una piuma. Oltre al peso, che poi non è così eccessivo c’è che adesso ho un culo in mano, non me ne posso andare certo in giro con tale mercanzia, dunque convengo di doverlo lasciare in macchina e così faccio.

Vado per il viale a passo spedito, devo arrivare a casa e cercare una soluzione. Che sfiga, cavoli, ho bisogno d’aiuto. Potrei chiamargli, ma è meglio di no, credo. In fondo non serve, sono un adulto, no? Posso cavarmela. Sì, posso, magari un consiglio però sui fatti della vita …

Arrivo a casa affannato e affranto, che problema, come faccio, non posso neppure mettermi seduto. A pancia sotto sul divano, dovrei pensare a risolvere i miei problemi, magari recuperare il culo con una sacca e poi con del mastice tentare di riattaccarlo, ma che tipo di mastice? Vorrei un consulto. Invece sto lì come un cretino e m’imbroncio. Agire! Agire! Ci vuole coraggio, fare e non frignarsi addosso. Niente da fare, m’imbroncio nuovamente.

Dopo un’ora di inutili commiserazioni, finalmente mi scuoto e mi rimetto in piedi. Le suole delle scarpe non toccano terra che un brivido mi passa lungo la schiena. Caspiterina che sensazione di leggerezza. Dimmi che non è vero! Invece lo è. Splattata come gelatina la mia pancia è rimasta sul divano. Ma che cavolo succede, parca sorte!

Tento di rimontarla ma scivola via e non c’è specie di attaccarla. La cosa si fa grave, ma sono solo, ce la devo fare. Cosa farebbe lui? Lui saprebbe cosa fare. Non ci riesco, non resisto, il mio broncio si tramuta in pianto e scappa una lacrima. Niente lacrime! Sii uomo! M’asciugo con la mano in tutta fretta, ma, ahimè, quanto sono maldestro! Strofino così forte che tiro giù il naso, lo scaglio per terra e ci salgo sopra per sbaglio, oddio che guaio, basta, non resisto, in fondo mi manca, sono due settimane, ce l’ho con lui, ma ce l’ho più con me, me ne sto imbronciato e faccio un bel niente, passo le giornate senza concludere nulla perché poi la sera non ho lui a cui raccontarlo, è ora di finirla, gli voglio bene, se non lo fai lui lo faccio io, in fondo cos’è un litigio? E’ solo un litigio! Basta gli telefono, ne ho bisogno.

- “Pronto?”
- “Ciao, babà…”
- “… ciao, sei raffreddato?”
- “…è una lunga storia…”
 
ilcyrano