venerdì 26 giugno 2009

Gli uccellini

venerdì 26 giugno 2009 10

Ma quando inizia, inizia! Questo periodaccio è iniziato ben in anticipo rispetto alle mie aspettative. Cavoli, ogni anno, l’avvicinarsi di luglio mi riempie la vita di così tante attività da non lasciarmi tregua. Ma io me ne frego e sto qui a parlare con lei! (Va beh dai, solo cinque minuti, poi scappo) Allora caro lei, è da tanto che non passavo, come sta? Mi fa piacere! No io non sto granché bene… e sì, le dicevo, è un periodaccio.


I giorni scorrono a ritmo irrefrenabile, l’operosità mi assale non lasciandomi neppure una sola ora d’aria. Casa mia rispecchia me stesso. Il mio libro, letto a metà, si impolvera sul comodino, le magliette usate bivaccano un po’ ovunque e i cartoni della pizza crescono nel camerino. Non ho più memoria neppure del mio sonno. Mi alzo, bagno, caffè e al lavoro. Lavoro, caffè, bagno e a letto.


Le notti si nascondono, dispettose. Vado a dormire che è già luce e mi sveglio che è sempre luce. Se cala la sera e mi distraggo un attimo, alzo lo sguardo che la sera è già mattina. Cavoli, almeno d’inverno la notte non mi sfugge, il buio non ha fretta, d’inverno. Ride? Mi prende in giro? La prego, sono serio, sarà lo stress.


L’unica parentesi, sono gli uccellini. Cosa c’è da ridere? Mi lasci dire. Ecco, le dicevo, gli uccellini. Quando chiudo gli occhi, stanco, sul mio cuscino, l’unica cosa che sento è il cinguettare allegro e impazzito degli uccellini. Lo lascio addormentandomi e lo ritrovo svegliandomi, mescolato al suono frenetico della vita cittadina. Per di più, abito proprio all’ultimo piano e una famigliola di piccioni tuba al di là della finestra, sento il frullare delle ali dei pulcini nel nido dentro la grondaia e i lucernai, aimè, sono sempre sporchi.


Il cinguettio è quello che più mi prende. Ma cosa diavolo avranno, gli uccellini, da dirsi con tanta foga non appena sorge il sole. È una piazza immensa, tutti parlano con tutti, cantano urlano e si scambiano gli ultimi pettegolezzi in cinguettese. Cavoli, gli uccellini sono forse peggio della tv. Non fanno che ciarlare. Per fortuna, le dico in verità, che almeno loro, i loro guai, le loro banalità, i loro gossip, il loro insultarsi se qualche uccellino ha tagliato la rotta o si è poggiato nel ramo dove voleva poggiarsi quell’altro, tutto il loro baccanare, maledirsi, irridersi, raggirarsi, vendersi, corteggiarsi e tradirsi, insomma, per fortuna io non posso capirlo.

Buona notte.

sabato 13 giugno 2009

Che sole.

sabato 13 giugno 2009 8

Che sole, al parco. L’aria era buona, sapeva già d’estate. Ogni città ha il suo sapore, in ogni stagione è diverso. Ma se mi bendassero e mi portassero in gran segreto in una qualunque delle case in cui ho vissuto, saprei dire, senza errore, quale sia e in che stagione. È appartenenza. È ricordo di se stessi. Ci sono altri odori assolutamente unici e indistinguibili. Casa mia odora di legno e di polvere. Odora di vecchio e di tetto. Casa mia. Odora di tazze di tè e di umido. Odora di muschio e di fieno. Casa mia.


Al parco c’erano persone d’ogni sorta, ma non mi andava di osservare la gente. Pensavo ad altro. Ero distratto, ero lì per riflettere. Avevo da capire, da ragionare, da scoprire le mie più segrete verità. Ero lì per risolvere, nella mia mente, uno dei complicati problemi della mia vita. Chi non ne ha, non saranno certo i miei più complicati di altri, ma dato che sono i miei e non posso far finta di niente, si ingarbugliano e mi avvolgono, dunque a mio giudizio sono i problemi più complicati che esistano. Così avevo deciso che dovevo sedermi e riflettere. Data la bella giornata mi ero dato appuntamento al parco per sciogliere la questione. Giustappunto ero intento ad osservare le fronde degli alberi e di immergermi nei miei pensieri non mi riusciva. D’altra parte i miei pensieri sono proprio quelli. Penso a tutto e non penso mai a niente. Che sole quel giorno, odorava già d’estate.


Cavoli, devo concentrarmi, non perdere tempo, mi dicevo. Così chiusi gli occhi qualche secondo, in modo da staccarmi dall’ipnosi delle affascinanti fronde degli alberi. Già, pensavo, saprei riconoscere chissà quanti luoghi ad occhi chiusi. So esattamente, anche se a parole non saprei descriverlo, distinguere l’odore del cimitero al paese da quell’altro. Per di più potrei riconoscere la sua cappelletta, pensavo, fiutando il sapore aspro del mastice che ho usato per incollare la conchiglia…


Il fatto era complicato, ma di concentrarmi neanche per idea. Le verruche nei piedi mi dolevano e mi prudeva un po’ il naso. Così mi grattai più disinvoltamente possibile le narici. Non che mi fregasse di essere visto, in fondo la gente intorno a me di bon ton non ne aveva neppure per sbaglio. Qualche minuto prima un tizio aveva sputato a terra, due ragazzi schiamazzavano senza contegno, mi era passata di fronte una coppia e il lui aveva tutte le unghia ben tagliate ad eccezione di quella del mignolo. Un tizio ben vestito parlava al telefono sistemandosi tranquillamente il necessaire, una donna cicciottella esponeva un decolté fuori luogo e un vecchio in canottiera ne apprezzava mine de rien le proporzioni. Non è che tutto questo mi infastidisca o lo ripudi. Anzi, solitamente mi diverte e mi rallegra. È solo che quando mi sento abbattuto ed ho qualche problema da risolvere il mio senso di innata compostezza, di educazione e di convenienza prendono il sopravvento. Dunque quel giorno sarei stato anche in vena di schizzinoserie e francesismi, ma data la compagnia ed il prurito mi grattai tranquillamente. Nel grattarmi sentii l’odore della mia mano. Questo mi colpì, così mi rigrattai. Che buon odore, ma cos’è? Pensavo. Chissà cosa ho toccato da lasciarmi questo buon odore. Ah sì, adesso ricordo, è quel nuovo sapone per le mani. Devo ricordarmi di comprarlo di nuovo. È così buono da profumare tutto il bagno. Così che in questo periodo il bagno di casa mia odora di quel sapone.


Non sono mai stato bravo ad associare le cose agli odori. Non ricordo i nomi dei fiori né i nomi dei profumi. Ma so associare gli odori alle persone ed ai luoghi. So associare gli odori ai tempi. Io so per certo, che il suo odore è così unico e complesso da essere per me inconfondibile e misterioso, che per poterlo sentire tutto non basta una vita, perché ogni giorno è diverso. So che ogni volta che mi avvicino sento caratteristiche nuove, il suo odore si evolve pur rimanendo il suo odore. Il suo odore mi sorprende, il suo odore mi colpisce. Il suo odore è l'odore della sua pelle, dei suoi capelli e delle sue mani.


Ma a questo penserò un'altra volta, mi dissi, adesso ho da risolvere i miei problemi. Così mi sistemai sulla panchina e iniziai a riflettere.


Che sole, al parco. Dato che stavo pensando a quant’è buono quel sapone, decisi tutt’a un tratto di tornarmene a casa, d’altra parte non è che i miei problemi erano così complicati, quindi convenni che me ne sarei tornato a casa e mi sarei lavato le mani.

 
ilcyrano